Cambiamento climatico, dai monti senza neve al mare caldo: la rivoluzione dei calendari sportivi

Monti senza neve, mare con meduse e alghe, città soffocate dallo smog: il climate change cambia l’attività agonistica Così lo sci vuole spostare l’avvio della Coppa del mondo in Argentina, l’atletica anticipa all’alba la maratona, il calcio posticipa i match di notte. Solo il baseball esulta: con il caldo, più fuoricampo

Cambiamento climatico, dai monti senza neve al mare caldo: la rivoluzione dei calendari sportivi
di Sergio Arcobelli
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Mercoledì 20 Dicembre 2023, 15:09 - Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 07:41

Montagne senza neve, spiagge che si erodono, ghiacciai che si stanno riducendo a un ritmo spaventoso, città afflitte dal riscaldamento: il cambiamento climatico è già in corso e anche il mondo dello sport si deve necessariamente adattare.

Perché il climate change è un tema delicatissimo, d’attualità, che mette in pericolo addirittura l’esistenza di alcune discipline, soprattutto invernali, come lo sci alpino e quello nordico, come lo snowboard e il freestyle, a rischio estinzione.  

Gli inverni sono sempre più brevi: entro trent’anni, si stima, le aree europee sciabili saranno dimezzate. La neve non c’è e sono sempre di più le gare di Coppa del Mondo rinviate o cancellate per via delle impraticabili condizioni meteo: dalle Alpi alla Scandinavia. Solo l’innevamento artificiale ha consentito finora di salvare tanti eventi.  «Per il futuro, dobbiamo assolutamente rivedere le date per avere più garanzie, dobbiamo osservare la natura. Il cambiamento climatico esiste. Sono segnali e dobbiamo rispettarli», ha detto Markus Waldner, direttore di gara della Coppa del Mondo maschile. Anche per questo si sta valutando di rivoluzionare i calendari sportivi. In che modo? Facendo partire la stagione del massimo circuito di sci dall’emisfero australe, per esempio in Argentina, dove ad agosto le squadre sono solite allenarsi per preparare l’inverno. «Presto non saremo più in grado di produrre neve artificiale su alcune piste classiche della Coppa del Mondo poiché le temperature invernali salgono più frequentemente sopra lo zero nelle stazioni sciistiche a bassa quota». È il grido di allarme di alcuni campioni degli sport invernali, che tramite la Federsci chiedono una strategia di sostenibilità su come raggiungere la riduzione del 50% delle emissioni entro il 2030 (come da impegno con le Nazioni Unite) e di presentarla al pubblico prima della prossima stagione. «Il nostro sport - scrivono nella lettera - è minacciato. Questa è la nostra gara più importante, vinciamola insieme». Per vincerla, c’è chi propone di organizzare gare indoor, ma certo si perderebbe il fascino della neve. E intanto l’Arabia Saudita si è fatta avanti: nel deserto ospiterà, infatti, i Giochi Asiatici invernali del 2029. 

Il cambiamento climatico colpisce anche gli Oceani. Le principali minacce in ambito sportivo riguardano l’innalzamento del livello del mare, che potrebbe cambiare la geografia o addirittura sancire la fine di uno sport olimpico come il surf. E che dire dei “caimani” del nuoto di fondo, che devono affrontare le maratone dentro acque sempre più agitate, calde e piene di meduse? «Nuoto per salvare il mare» è la missione di Gregorio Paltrinieri, già campione della vasca. E sta cambiando anche il mondo delle piscine, costruite con tecnologie e criteri ecologici dall’italiana Castiglione: nelle vasche temporanee alla Défense Arena per Parigi 2024 verranno montate in sole 2 settimane e poi smontate dopo i Giochi, evitando così la costruzione di arene da 20-30 mila posti che poi verrebbero invece abbandonate.
Come accaduto per esempio con alcuni impianti costruiti per i Giochi invernali di Torino 2006. Fra questi la pista di Cesana, ormai ridotta a un rudere. E in questi mesi la pista da bob a Cortina non è stata realizzata anche per via dell’opposizione degli ambientalisti. 
Tra gli sport più in pericolo ci sono quelli di resistenza.

Gareggiare in determinate condizioni climatiche espone a dei rischi per la salute degli atleti: la maratona e la marcia delle Olimpiadi di Tokyo non si sono disputate nella capitale giapponese bensì più a Nord, a Sapporo. Una scelta per evitare quanto accaduto a fine settembre-primi di ottobre ai Mondiali di atletica a Doha 2019, dove numerosi atleti hanno ceduto al caldo e abbandonato le gare sulle lunghe distanze.  

Negli ultimi anni queste gare vengono programmate all’alba, come ai Mondiali di Budapest e come accadrà a Parigi 2024. Addirittura, si sta valutando la possibile cancellazione di alcune storiche prove, dai 10.000 metri alla maratona, dopo il taglio della 50 km di marcia. Secondo un sondaggio di World Athletics, il 75% degli atleti ha ammesso che performance e allenamento vengono già influenzati per effetto dell’aumento delle temperature.
Nel frattempo anche il calcio soffre. E se la Liga spagnola ha cambiato il calendario e gli orari delle partite con i match che nel Sud, ad esempio a Siviglia, si giocano alle 22, in altri campi si trovano altre soluzioni. Come l’aria condizionata negli stadi. È successo ai Mondiali in Qatar. Arene di ultima generazione, sempre più green. È italiana l’azienda che li costruisce in tutto il mondo: è Rubner a firmare i primi stadi in legno lamellare in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni indicati dalle Nazioni Unite e dalla UE. Onu, sia detto e non per inciso, che ha omaggiato il Forest Green Rovers con la nomea di primo club al mondo “a emissioni zero”. La società che milita nella quarta divisione inglese sta perseguendo una serie di politiche per rendere la gestione interna delle attività completamente sostenibile, e per offrire un modello alternativo, green, ai propri tifosi. Come? Utilizzando gli spazi pubblicitari durante le partite per mandare messaggi sul cambiamento climatico. «I fan vengono bombardati da messaggi pubblicitari per comprare di tutto durante le partite, noi vogliamo mostrare l’impatto che hanno gli acquisti che vengono fatti. Le decisioni che prendiamo quando compriamo qualcosa hanno un impatto sulle crisi climatiche, ecologiche e sanitarie che stiamo vivendo», ha spiegato il presidente Dale Vince. 

Visto il rombo dei motori e l’odore di benzina, incredibile a dirsi, anche la Formula 1 corre verso la sostenibilità: «Obiettivo carbon neutral entro il 2030» per ridurre l’impatto ambientale. 
Neanche il baseball è esente dall’impatto del climate change. Ma decisamente in tutt’altra direzione. Uno studio americano ha infatti dimostrato che nella Major League la percentuale di fuoricampo è sensibilmente aumentata a causa del riscaldamento globale. L’aria più calda e sottile sul terreno da gioco di uno stadio permette alle palline di volare più lontano e ha infatti contribuito all’aumento dei fuoricampo del 10% dal 2010. Infine, il cricket deve fare i conti con lo smog: i giocatori dello Sri Lanka a Nuova Delhi sono scesi in campo con le mascherine. Per non parlare della vela: fra gli effetti negativi c’è la maggiore frequenza di eventi metereologici estremi.

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