B&b e case vacanza, è boom a Bari e Lecce

B&b e case vacanza, è boom a Bari e Lecce
di Giuseppe ANDRIANI
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Martedì 23 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 19:55

L’immagine degli studenti nelle tende davanti agli atenei italiani, e anche a quelli pugliesi, ha aperto uno squarcio nel dibattito pubblico e ha messo sul tavolo un problema di enorme portata: non ci sono case a sufficienza per gli universitari e quando ci sono i prezzi sono piuttosto alti. E continuano, per altro, a crescere. Le storie dalle piazze sono venute fuori in tutta la propria crudezza. Fino a 400 euro per una stanza singola in una casa con altri quattro o persino cinque ragazzi e spesso con un solo bagno. Bari resta la città più cara di Puglia ed è quella in Italia ad aver avuto, in percentuale, l’aumento maggiore nell’ultimo anno. Anche a Lecce, però, sono i finiti i tempi in cui con 150 euro si riusciva a rimediare una singola. Da registrare, inoltre, una minore disponibilità di soluzioni. Le leggi economiche, del resto, le fa il mercato. Così come i prezzi. Se ci sono meno abitazioni a disposizione, i prezzi salgono. E i ragazzi, per protesta, dormono nelle tende. 

I numeri


Un problema, quello della minor disponibilità di alloggi, particolarmente sentito nelle città a forte vocazione turistica. È il caso di Lecce e Bari, in Puglia. Bari ha perso circa 450 case private destinate agli studenti nel giro di tre anni. Ha guadagnato, però, appartamenti per affitti brevi. A Lecce la situazione è la stessa. L’analisi estrapolando i dati da Airdna, che mette in rete le proposte di Airbnb e dei portali similari per affitti brevi, fa emergere un quadro per cui determinate città sembrano quasi in ostaggio dei b&b. Nel capoluogo di regione ad oggi le soluzioni private per un affitto breve sono 2.065, ma nella scorsa estate il numero era più alto. Non si è ancora ai livelli pre-pandemia, ma rispetto al 2020 i numeri sono in crescita ovunque. A Lecce il dato si attesta al di sopra dei 1.500 appartamenti, ma in estate si va sui 2.000. Appartamenti “mangiati” ai residenti, tra cui anche gli studenti.

Il governo


Intanto il governo cerca una soluzione per limitare il boom di b&b e per evitare che la diffusione delle case per affitti brevi “divori” le città. In Italia gli alloggi disponibili per i turisti sono 600mila. Non è possibile fare un quadro regionale, ma i casi di Lecce e Bari - che tengono conto soltanto dei Comuni capoluogo e non delle province - sono emblematici. E ad Ostuni, la regina dei b&b in Puglia, va anche peggio. Sono oltre 2mila le case per i turisti a Ostuni, a fronte di circa 30mila residenti. In estate si arriva anche a 3mila. Nella città bianca, a conti fatti, ogni 10 abitanti, ad agosto, vi è un alloggio per turisti. E le cartine proposte da Airdna mostrano un’altra evidenza, riscontrabile anche empiricamente con una passeggiata nelle città pugliesi: i centri storici sono ormai quasi appannaggio totale di questo tipo di strutture.

Ieri il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, ha annunciato che in settimana sarà «predisposta la bozza che raccoglie le sintesi» della proposta di legge per mettere un freno agli affitti brevi.


Già a fine aprile c’era stato un incontro con Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci. «Al ministero - ha detto Santanchè - abbiamo già fatto quattro tavoli di lavoro. Io ho parlato con tutti i sindaci delle Città Metropolitane, le associazioni di categoria e quelle degli inquilini». Quindi, in settimana, «la sottoporremo alle associazioni e ai sindaci». Per la ministra, «non bisogna criminalizzare, e siamo assolutamente contrari a farlo, ma c’è bisogno di regolamentare e su questo siamo tutti d’accordo». Santanché spiega che «non sarà» sul modello Venezia, ma ci sarà «sicuramente un codice identificativo nazionale, perché oggi il codice è regionale: vogliamo uniformarlo perché abbia caratteristiche per tutti uguali, in modo che senza quel codice non si possa andare sulla piattaforma» di Airbnb. Inoltre, «le famiglie che affittano per poter arrotondare il loro reddito avranno un percorso diverso di chi invece ha una rete di appartamenti e lo fa come tanti altri lavori e quindi deve essere assoggettato alle regole». Senza criminalizzare, dice il ministro, ma con delle regole certe. Per far sì che anche studenti e lavoratori possano tornare ad affollare i centri. 


Ieri l’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari ha presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri un nuovo contratto concordato speciale per gli universitari, legato al loro Isee familiare. Una soluzione che, si legge in una nota diffusa ieri, «costerebbe all’Erario assai meno dei 660 milioni per soli 52.000 posti letto, creandone un numero ben maggiore». Stando ai dati presentati dall’associazione, ad avere famiglie con reddito lordo sino a 28.000 euro è il 62% della popolazione universitaria. Uppi sostiene che, «nelle città a maggiore tensione abitativa studentesca», ad avere bisogno di un intervento immediato siano 80.000 studenti, di cui solo un 20% può sopperire con lavori saltuari. Almeno 64.000, dunque, quelli per cui «il problema si pone con drammatica evidenza». Un discorso che si intreccia con il rincaro dei prezzi e con la minor disponibilità di appartamenti. Con uno sguardo al turismo, struttura portante dell’economia pugliese (e non solo). La sfida della prossima proposta di legge sarà quella di tenere insieme - senza criminalizzare, appunto - le esigenze economiche di un tessuto economico che conta su arrivi e presenze, anche brevi, e le richieste degli studenti, che vogliono riappropriarsi delle città e viverle. Perché così, dicono, sono invivibili.

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