Il maxi incendio di San Cataldo è divampato a poche decine di metri dall’aeroporto Lecce Lepore: aeroporto civile, perfettamente funzionante, ma chiuso da anni. Per lo meno per l’aviazione, essendo attualmente e per due anni concesso a Ntc, Nardò Technical Center, il centro prove salentino di proprietà Porsche, ma con altre funzioni. Aeroporto che il management (è privato) aveva candidato come sede di protezione civile, perché adatto – per hangar, infrastrutture e torre di controllo - a ospitare e a gestire i canadair, i fireboss, gli air-tractor che invece oggi devono arrivare nel sud della Puglia da Foggia o da Lamezia Terme.
Il Salento, come tutta la Regione, è funestato dai roghi sin da quando Caronte imperversa sull’Italia meridionale. Temperature elevatissime, forte vento che spinge le lingue di fuoco. Si sospetta puntualmente che possa esserci l’azione dei piromani. Ad ogni modo, il bollettino (quasi) giornaliero è di ettari di pineta e macchia mediterranea completamente distrutti. Ridotti a cenere. Segnalazioni continue, lidi evacuati, panico in spiaggia e talvolta anche in qualche struttura turistica. Canadair che intervengono per lanciare l’acqua dall’alto e domare in fretta i roghi, per cui il fattore tempo, è risaputo, è quello di maggior rilievo. Ieri San Cataldo, marina di Lecce. Prima Castro, Gallipoli, Otranto. Il Capo di Leuca.
In ogni circostanza si segnala la scarsezza di uomini e mezzi in relazione alla portata dell’emergenza.
La carenza di personale
Si sa che la carenza di personale, in Puglia, si aggira intorno al 30 per cento: i vigili del fuoco in servizio sono a malapena sufficienti a garantire gli interventi nella stagione invernale. Quando arriva l’estate, si va avanti con straordinari (che diventano l’ordinario) e turni massacranti. Senza i riposi, indispensabili per la tipologia di lavoro. E proprio a proposito di mezzi aerei, dinanzi al disastro tornano puntuali le polemiche sull’assenza, nella Puglia meridionale, di una base di partenza di Canadair e Fireboss, nonostante l’area sia tra quelle maggiormente martoriate dal fuoco. Quelli a disposizione, come si diceva, devono arrivare da Foggia e da Lamezia. E sono troppo pochi per poter garantire interventi rapidi e limitare i danni.
Proprio del destino dell’aeroporto Lepore si era tornati a parlare nel dicembre scorso. La struttura vanta una pista lunga un chilometro, di cui 750 metri sono effettivamente utilizzabili. Una struttura con tutti i crismi: uno dei 30 aeroporti civili italiani. Per la precisione, un aeroporto civile di terzo livello. Inutilizzato nonostante le idee, gli sforzi, la voglia di investire di un gruppo di leccesi appassionati. Lo gestisce una società privata. Che aveva più volte avanzato la proposta alla Regione di prenderlo in considerazione come sede di protezione civile. Non senza un piano aziendale, naturalmente, unito alla sua possibile funzione pubblica. Il contributo pubblico, avrebbe consentito ai gestori di sopportare gli ingenti costi necessari alla sua apertura e al mantenimento (dalle stime, tra spese effettive e personale si giungerebbe ai 20mila euro al mese) e consentire così anche l’avvio di progetti “charter” più ambiziosi. Non è infatti assolutamente ipotizzabile impiegarlo per i voli di linea.
Ieri le lingue di fuoco hanno lambito anche l’aeroporto, in zona San Cataldo, molto vicino all’oasi naturale delle Cesine. E c’è chi ha rilevato che qualora ci fosse stato un canadair disponibile, proprio lì a due passi, forse le conseguenze sarebbero state più contenute, perché più tempestivo l’intervento.
Tornando al dramma del fuoco che devasta boschi, pinete e macchia mediterranea, in tutta la Regione a coadiuvare i vigili del fuoco ci sono i volontari delle varie associazioni di Protezione civile, che si prodigano mettendo a disposizione il loro tempo per la salvaguardia del territorio.