"La tornanza", in un libro e in un podcast storie di chi è partito e che poi ha deciso di ritornare

"La tornanza", in un libro e in un podcast storie di chi è partito e che poi ha deciso di ritornare
di Eraldo MARTUCCI
4 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Maggio 2024, 05:00

Il viaggio è un argomento presente nella letteratura di tutti i tempi, dall’“Iliade” a “Siddharta”, anche perché la sua essenza è simile a quella della vita: il suo caratteristico dinamismo è quello delle trasformazioni umane, un divenire dove è importante il percorso più che il punto di partenza o di arrivo. L’uomo che parte lo fa per esplorare lo sconosciuto e renderlo quindi familiare. Rimanendo nel nostro paese, per tre secoli l’Italia è stata al centro di un fenomeno unico nella storia culturale europea grazie al “Grand Tour”, viaggio di formazione ed esperienza culturale che vide tra i suoi protagonisti anche Goethe, autore di “Viaggio a Roma”. 
Ed una sorta di “Grand Tour”, ma all’incontrario, è l’argomento al centro de “La Tornanza. Ritorni e innesti orientati al futuro”, il volume di Antonio Prota e Flavio R. Albano (Laterza Edizioni, pp. 160, euro 18) che sarà presentato oggi alle 18 alla libreria Laterza di Bari in Via Dante Alighieri 49. I due autori dialogheranno con la giornalista Enrica Simonetti. Il libro, arricchito da scatti d’autore, celebra infatti le storie straordinarie di persone che hanno deciso di partire in cerca di opportunità professionali, formative e di successo, per poi tornare alle proprie radici e contribuire attivamente alla costruzione di un cambiamento positivo nella propria comunità di origine. Antonio Prota è esperto di turismo e marketing territoriale, con importanti attività imprenditoriali e manageriali svolte in Italia, Africa, Caraibi e Stati Uniti. Attualmente è presidente del Contratto di Rete Greenroad.it, un modello di green economy per la crescita eco-compatibile dei territori. Flavio R. Albano, già ricercatore e docente a contratto di Economia e Gestione delle Imprese per l’Università di Bari e di Brand Management nel Master MBA dell’Università della Basilicata, oggi è un imprenditore e da diversi anni si occupa di marketing e innovazione digitale.


Albano, partiamo dal titolo. Come lo avete scelto? 
«“La tornanza” deriva da una serie di neologismi e tematiche che sono in giro da qualche anno. Tempo fa era uscito un libro del professore Teti, “La restanza”, che dava una lettura dei borghi molto poetica.

In un certo senso è stata quella lettura a dare lo spunto per un altro ragionamento: oltre a restare, abbiamo infatti voluto sottolineare l’importanza di andare fuori, capire cosa c’è in giro e poi ritornare per costruire un cambiamento. Indubbiamente tutto questo deriva dal nostro lavoro, legato al viaggio e all’innovazione. E queste due tematiche vengono fuori nel libro da un punto di vista macro-economico, facendo anche un’analisi approfondita sul rapporto fra Italia ed estero, Nord e Sud, centri e periferie». 


“La Tornanza” per voi non è solo un libro ma un vero e proprio movimento culturale. In che senso?
«“Progetto tornanza”, così come lo si vede sui social, si basa infatti sia sul testo che su un “video podcast itinerante” che ci ha consentito finora di raccogliere 18 storie in Calabria, Basilicata e ovviamente Puglia, e proprio ieri siamo stati a Lecce. Tutte disponibili dal 21 maggio. Siamo andati anche in Campania per raccontare la storia dell’astrofisica Mariafelicia De Laurentis, che è stata quattro anni in Siberia, altrettanto in Germania e nel 2017 ha fotografato il buco nero. Lei è partita da Acerra, dove è poi tornata, e ci ha accolto nell’osservatorio astronomico di Capodimonte». 


E cosa vi ha colpito di più in queste storie? 
«Sono ovviamente storie diverse ma tutte accomunate dal desiderio dei “tornanti” di fare qualcosa per il proprio territorio grazie ad un’energia completamente diversa. Il viaggio significa infatti confrontarsi con altre culture e consente perciò alcune modificazioni e cambia gli approcci. D’altronde, nel corso dei secoli, anche i più grandi geni come Leonardo Da Vinci, Guglielmo Marconi e Steve Jobs si sono allontani dal loro luogo d’origine per poi tornare». Quali sono, in base ai vostri dati, i settori che hanno risentito maggiormente di questi preziosi ritorni? «Di sicuro c’è un’alta percentuale nell’industria culturale, ma è di poco superiore a tutto il resto. Comunque chi torna lo fa con una volontà preponderante di costruire qualcosa sul territorio, e di migliorare situazioni preesistenti. Quindi molto spesso li troviamo attivi nell’associazionismo, così come nell’impresa e nelle start up. In sostanza sono tutte partite iva».
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