Ossa nello stivale: convocata la famiglia di un pescatore disperso

Saranno le analisi del dna a dire se si tratta dell'uomo di Porto Cesareo scomparso nell'ottobre 2023 durante una battuta di pesca

La costa di Gallipoli e lo stivale con i resti umani ritrovato
La costa di Gallipoli e lo stivale con i resti umani ritrovato
di Andrea TAFURO
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Martedì 7 Maggio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 13:13

Un calzino e resti non del tutto decomposti per la permanenza in mare. Sono questi i due elementi attorno cui ruotano le indagini dei carabinieri per far luce sull’origine delle ossa umane rinvenute domenica scorsa tra gli scogli di Torre Sabea a Gallipoli, in Salento. Un recupero reso possibile dall’allarme lanciato da alcuni passanti che hanno notato qualcosa di insolito sulla costa ionica, allertando i militari della locale stazione. 
Le ossa sono quindi state trasferite in ospedale su disposizione della Procura della Repubblica di Lecce per le procedure di rito.
Secondo una prima analisi potrebbe trattarsi di resti appartenenti a un arto inferiore umano, tibia, perone e parte del piede, rimaste incastrate all’interno di un vecchio stivale, di quelli solitamente usati per la pesca. Il ritrovamento quindi potrebbe essere collegato a uno dei pescatori dispersi nel corso degli ultimi anni. In particolare le indagini dei carabinieri puntano dritto nella direzione di Porto Cesareo: al 70enne Luigi Peluso, disperso in mare il 5 ottobre dello scorso anno durante una battuta di pesca tra Torre Uluzzo e la Strea.

Le indagini

I militari della stazione gallipolina guidati dal luogotenente Cosimo Giglio, che conducono gli accertamenti insieme ai colleghi della compagnia e del comando provinciale di Lecce, hanno infatti convocato per questa mattina in caserma i familiari di Peluso, per tentare un primo riconoscimento sull’indumento ritrovato ancorato alle ossa di gamba e piede all’interno dello stivale da pesca.

Resti che dovranno essere trattati con cautela per non danneggiare o disperdere i nuovi elementi d’indagine. 

L’ipotesi a distanza di 7 mesi, è che dalle profondità del mare possa essere tornato a galla qualcosa sfuggito nel corso delle lunghe ricerche dell’uomo di Porto Cesareo. Circostanza che potrebbe essere stata facilitata anche dalle correnti marine, le stesse che nella tragedia della scomparsa possono aver inciso nel far disperdere tra le onde il corpo del pescatore. Durante le ricerche effettuate nelle acque dello ionio, l’imbarcazione in legno con cui era uscito l’uomo fu ritrovata con il motore acceso tra il “Frascone” e “Torre Inserraglio”, in zona Nardò. L’allarme lanciato dai familiari, mise in moto la macchina delle ricerche, coordinate dalla capitaneria di porto di Gallipoli e dell’ufficio marittimo Torre Cesarea, che nonostante la collaborazione di amici e volontari si chiusero dopo oltre un mese nel nulla di fatto. Ora però il ritrovamento delle ossa apre a nuove ipotesi. Gli inquirenti che portano avanti l’attività investigativa, non tralasciano tuttavia alcuna pista, ma tendono ad escludere momentaneamente collegamenti con episodi avvenuti più indietro nel tempo, come la scomparsa in mare nel febbraio 2019 di altri due pescatori di Gallipoli. Restano defilate al momento altre ipotesi e il dubbio che qualcuno abbia posizionato sulla scogliera dei resti ossei, con l’intento di compiere uno scherzo di cattivo gusto.

Attesa per gli accertamenti clinici

Intanto oggi nella caserma dei carabinieri di Gallipoli, dall’incontro con i familiari di Peluso potrebbe arrivare una prima svolta nelle attività investigative, in attesa delle verifiche cliniche sulla cartilagine, richieste dal pm della procura leccese che coordina le indagini, Alessandro Prontera, al medico legale, per cercare risposte certe sull’origine delle ossa che solo il dna potrà fornire. Risultati che dovrebbero comunque essere pronti non prima di una decina di giorni.

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