Affitti brevi in casa vacanza, più controlli e tetto minimo di due notti: il Ddl non convince la Puglia

Affitti brevi in casa vacanza, più controlli e tetto minimo di due notti: il Ddl non convince la Puglia
di Rita DE BERNART
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Martedì 20 Giugno 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:10

Affitti brevi, il “minimum stay” di due notti non convince: in una regione come la Puglia, dove l’offerta di alloggi privati è tra le più alte d’Italia, con una simile norma si rischierebbe di perdere una fetta importante di turisti. Se ne parla da qualche settimana: da un lato ci sono gli albergatori che chiedono addirittura di alzare la soglia, sperando che questo faccia da argine al fenomeno del sommerso, dall’altro i property manager che gestiscono numerose abitazioni private, secondo cui tale norma rappresenta un limite notevole: i soggiorni, e quindi le presenze, non registrati in un dato territorio, a causa di questa imposizione, infatti, sarebbero solo parzialmente recuperabili attraverso la scelta di altre tipologie di strutture ricettive per le quali il vincolo non è previsto. In particolare in caso di grandi eventi, concerti o manifestazioni che prevedono spostamenti brevi e, di norma, un solo pernottamento, il rischio è di non riuscire poi a soddisfare la domanda.
Secondo le stime fatte dall’associazione Aigab, che gestisce circa 20mila immobili in tutta Italia con un giro d’affari da 300 milioni l’anno, nel 2023 gli affitti brevi si tradurranno in prenotazioni per circa 11 miliardi di euro, con un indotto sul Pil per ulteriori 44 miliardi di euro. Il Governo, le Regioni e le associazioni, dunque, stanno lavorando per migliorare la bozza del Disegno di legge circolata nelle scorse settimane e giungere in breve tempo ad un testo condiviso. 
Lo scorso venerdì la ministra all’industria turistica Daniela Santanchè ha incontrato gli assessori regionali al turismo; in precedenza, nel corso di una riunione tra gli assessorati regionali, era emersa una ulteriore analisi che, punto per punto, evidenziava le falle del provvedimento così come è stato pensato nella sua prima stesura ed, in particolare, dell’articolo 4 della bozza di decreto. Il testo elaborato dal ministero è attualmente in discussione e sono previsti altri incontri della ministra con i rappresentanti di associazioni e istituzioni coinvolte. 

Le ricadute

Secondo le stime riportate da Il Sole 24ore, se il vincolo del soggiorno minimo di due notti venisse confermato, si perderebbero più del 6% dei pernottamenti, perdita che con un innalzamento della soglia minima a tre notti riguarderebbe fino al 25% dei soggiorni, in pratica uno su quattro. In un documento condiviso da diverse Regioni, fra le quali la Puglia, sono state raccolte le principali osservazioni. Innanzitutto, è stata rilevata l’incongruenza del documento del Ministero che in premessa si propone di risolvere i nodi del fenomeno delle locazioni turistiche e che invece ipotizza una serie di provvedimenti in contrasto e definiti “blandi”. Emerge che le misure ipotizzate nel disegno di legge appaiono complessivamente inefficaci per governare il fenomeno dell’overtourism che affligge ormai molti centri italiani, e soprattutto pugliesi, e crea disagi ai residenti. In riferimento al tanto contestato articolo quattro (Limitazioni delle locazioni per finalità turistiche) e al limite del soggiorno obbligatorio di almeno due notti, esclusi i casi in cui la parte conduttrice sia costituita da un nucleo familiare composto da almeno un genitore e tre figli, i tecnici regionali ritengono che tale eccezione, seppur lodevole sotto il profilo economico sociale, ponga tuttavia dei problemi di ordine pratico in sede di verifiche e controlli che sarebbero complicati da effettuare; non risulta inoltre nemmeno efficace ai fini di incentivare l’attività alberghiera. Ancor più considerato che la sanzione è la nullità del contratto e non si capisce come, quando, né da chi andrebbe accertata. Inoltre, la norma sarebbe facilmente eludibile con uno stratagemma: dichiarando formalmente la presenza in struttura per due notti, di cui una sola effettivamente fruita. 
In sostanza, il provvedimento proposto dal Ministero non è considerato adeguato al fine di riequilibrare il rapporto tra affitti turistici e residenziali e non fornisce, secondo l’analisi delle Regioni, risposte adeguate all’emergenza abitativa venutasi a creare nelle città ed aree a forte vocazione turistica; alle famiglie, ai lavoratori e agli studenti in cerca di un alloggio a canoni sostenibili; né tanto meno sembra efficace al fine di porre, concretamente, un argine al problema della concorrenza sleale e dell’abusivismo che inquinano il mercato. Critiche anche sulla questione fiscale. Considerato che ormai tali attività non costituiscano semplici forme di integrazione del reddito, ma in molti casi vere e proprie imprese, appare irragionevole continuare ad ammettere queste tipologie di alloggi ai benefici della cedolare secca sui canoni percepiti, di fatto favorendo queste affittanze anche quando costituiscono una vera e propria attività d’impresa.
 

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